Il fuoco dell’esistenza materiale – coscienza demoniaca – e reincarnazione verso forme di vita inferiori

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Vi sarà sicuramente capitato, durante la vostra esplorazione dei concetti spirituali, di incontrare i termini “esistenza materiale” o “concezione materialistica”. Quando si dice che qualcuno è un materialista, forse non è chiaro a tutti quale sia il significato originario di questa affermazione.
Secondo l’autentica visione vedica, questo termine indica principalmente l’attitudine dell’anima incarnata, ovvero rivestita di un corpo fatto di materia, a voler utilizzare, manipolare e controllare l’energia inferiore dell’Assoluto, cioè la materia, per tentare di goderne attraverso i sensi materiali.
La materia è un’energia che crea il mondo materiale, ma la stessa energia, nella sua forma superiore, si trasforma in antimateria e genera i mondi spirituali. Tutte le entità viventi appartengono alla categoria dell’energia superiore ma quando vengono a contatto con dell’energia inferiore c’è sempre il rischio di venire contaminati.
Vediamo come.
I Veda hanno molto da dire sulle dinamiche dell’energia materiale che è tripartita nel guna della virtù Satya guna, il guna della passione o Raja guna, e il guna dell’ignoranza, Tamas guna.
Queste tre modalità dell’energia materiale sono responsabili di conferire alla persona una espressione fisiologica e caratteriale che dipende molto da quale sia il guna dominante. Ad esempio, se il guna dominante è quello della passione (Raja guna), le persone tenderanno ad essere molto attive, dinamiche, passionali, attaccate ai frutti del loro lavoro. Caratterialmente potrebbero essere molto reattive e facilmente cadere in preda alla rabbia ed insoddisfazione.
Una persona con il Satya guna dominante, invece, avrà un animo mite, sarà calma e risoluta, avrà forti attitudini a svolgere attività intellettuali e tenderà ad essere altruista nelle sue interazioni.
Se il guna dominante è il Tamas, la persona sarà generalmente apatica, insensibile, incapace di distinguere le buone azioni da quelle nocive, e tendenzialmente svilupperà qualche forma di malattia mentale che lo farà disconnettere dalla realtà in cui vive.
Ho menzionato solo alcune sfumature. Non si può pensare di poter trattare questo argomento con tanta superficialità da considerare che possa bastare leggere un articolo come questo per apprendere tali conoscenze.
Il nostro Blog è, usando le parole dell’antica saggezza orientale, solamente un dito puntato sulla luna. Non ci si deve concentrare sul dito o si perderà tutta la celestialità della scena.
L’energia inferiore, detta appunto energia materiale, è definita in sanscrito come apara prakriti. Quindi l’energia di Dio si manifesta in due forme, apara e para prakriti, a seconda della sua funzione. I Veda ci dicono di cosa è costituita la materia, cioè dei cinque elementi base: terra, aria, fuoco, acqua, etere (spazio), poi la mente, l’intelligenza ed il falso ego. Perciò, anche la nostra mente in realtà non è altro che un involucro di energia sottile che appartiene all’energia inferiore.
Esistono vari tipi di menti, come possiamo osservare in natura: la mente di un gatto è diversa da quella di un cane, che a sua volta è diversa da quella di una scimmia e così via. L’intelligenza sappiamo tutti cosa è, anzi forse no perché questa parola contiene dentro di sé due radici etimologiche: una è intelletto e l’altra è genesis, da cui deriva la parola generare. Una persona che ha l’intelletto sviluppato non significa che sia intelligente. Per essere intelligenti, come viene inteso nel suo significato originale, non vuole dire saper recitare a memoria il codice civile, o saper risolvere un complicato problema matematico. La persona intelligente è colui che ha la capacità di discernere l’azione giusta da quella sbagliata, che riesce a prevedere le conseguenze delle proprie azioni e di quelle altrui e, appunto, agisce con discernimento, cioè genera un’azione virtuosa. Questo è il significato della parola “intelligenza,” che non va confusa con intelletto.
Ora immaginiamo che uno scienziato stia impiegando tutte le sue facoltà mentali per potenziare in laboratorio un virus letale per l’uomo, oppure un diserbante o pesticida chimico molto efficace ma altamente nocivo per la salute dell’uomo, oppure un dispositivo portatile di comunicazione a distanza che emette alti livelli di onde elettromagnetiche, un farmaco a basso costo ma con alti rischi collaterali, eccetera eccetera. Secondo voi questo scienziato sarà una persona intelligente?
Abbiamo fatto l’esempio dello scienziato ma avremmo potuto farlo ugualmente per un politico, un avvocato, un imprenditore e così via.
Quindi secondo la visione vedica, quando un individuo fa consapevolmente cattivo uso delle sue risorse e capacità al fine di trarne un beneficio personale, questo individuo si dice che abbia acquisito una coscienza demoniaca.
Krishna nella Bhagavad-Gita, al sedicesimo capitolo, ci illustra in maniera perfetta la differenza tra colui che ha una coscienza divina e colui che ne ha una demoniaca: “Le persone demoniache ignorano ciò che si deve fare e ciò che non si deve fare. Mancano di autenticità, purezza e buon comportamento.” (BG capitolo 16 verso 7) “Considerano questo mondo irreale, senza fondamento e privo di un Dio che lo controlla…” (BG capitolo 16 verso 8) “Convinte di tali conclusioni, queste persone corrotte e sprovviste di intelligenza, compiono attività orribili e dannose, finalizzate alla distruzione del mondo” (BG capitolo 16 verso 9).
Secondo i Veda, ogni anima quando decide di venire a fare esperienza nella dimensione materiale lo fa con lo scopo di seguire il piano divino del Signore Supremo, in altre parole con lo scopo di servire Krishna. A volte accade che la jiva, o scintilla divina (anima), a contatto con la materia ne venga condizionata a tal punto da decidere di non volere più servire ma voler essere servita come se fosse lei stessa Dio. Ed è lì che cade nell’illusione o Maya, e Krishna, essendo il più grande servitore, realizza il suo desiderio dotando la Jiva di un corpo materiale che consenta alla jiva (essere spirituale) di dimenticare temporaneamente la sua relazione con Dio e la sua posizione costituzionale di servizio devozionale (che consiste nel manifestare l’amore attraverso le azioni), dimenticare quindi il suo rapporto e legame d’amore con il Signore Supremo, per consentire di vivere un’esperienza illusoria di essere un’entità indipendente che possa quindi godere e disporre dell’energia materiale a suo piacimento. È così che ha inizio il percorso in discesa di trasmigrazione verso forme di vita inferiori. A questo punto sarà la splendida macchina del karma a gestire le reazioni alle nostre azioni, e in base al Karma acquisiremo una forma esistenziale rispetto ad un’altra in un continuo ciclo di incarnazioni.
Ma perché si acquisisce una coscienza demoniaca, quali sono le cause che spingono le anime a compiere atti progressivamente sempre più distruttivi per se stessi e per gli altri?
I Veda parlano chiaro: una volta che si acquista un corpo materiale la nostra coscienza viene offuscata da avidya, o ignoranza, e l’entità vivente è soggetta a condizionamenti prodotti dai guna che ne influenzano appunto il pensiero ed il comportamento, la jiva diviene ora soggetta a quattro forme di ignoranza.
La prima è che attraverso i sensi materiali l’entità vivente non è in grado di vedere la realtà per come effettivamente è, la sua è un’interpretazione che il suo cervello elabora attraverso i sensi materiali che, essendo imperfetti, non possono quindi dotare la jiva di una visione accurata e perfetta della natura reale del mondo fenomenico.
La seconda è che siamo soggetti a commettere errori.
La terza è che siamo soggetti all’illusione, cioè elaboriamo dei concetti e rappresentazioni e ci convinciamo che sia così quando non lo è affatto. Quante volte vi sarà capitato di condividere un’esperienza con qualcuno, un evento, ed avere due opinioni completamente diverse di come sono andati i fatti? Non vi sembra strano? Lo stesso evento ma due rappresentazioni diverse. Come mai? Ciò è a causa del nostro condizionamento, tenderemo perciò a vedere attraverso i filtri della nostra mente, e nessun uomo ha una mente uguale ad un altro, ne consegue che ognuno di noi avrà una sua opinione personale su come sono andate le cose, ed ognuno di noi sarà pienamente convinto che la sua versione dei fatti sia quella giusta. Pensate un po’, oltre sette miliardi di persone nel mondo, ognuno con il proprio condizionamento mentale, ognuno con la propria opinione. È quasi sorprendente che si riesca a portare in qualche modo avanti la baracca della società.
La quarta, è la tendenza di imbrogliare; già attraverso il falso ego (ahamkara) la jiva verrà indotta a tentare di godere dell’energia materiale esclusivamente per se stessa ed inevitabilmente porterà in essere dei comportamenti ed azioni che in qualche modo nuoceranno o danneggeranno gli altri. È a questo punto che, iniziando a fare cattivo uso dell’energia materiale, svilupperemo reazioni karmiche che ci imprigioneranno sempre di più nelle complessità della vita materiale e ad adottare corpi materiali più spiritualmente degradati.
Si basti pensare che la distribuzione delle ricchezze e risorse monetarie è altamente disuguale e varia notevolmente non solo da paese a paese, ma tra individui all’interno del paese. Secondo alcuni recenti stime, soltanto una piccola percentuale della popolazione mondiale possiede la maggior parte della ricchezza globale. Quindi da una parte chi ha troppo e dall’altra chi ha troppo poco.
Vi sembra che questo sia normale? Vi sembra che questo sia frutto di un sistema che abbia a cuore il benessere di tutti?
Quando la saggezza proverbiale dice che la strada verso l’inferno è pavimentata di buone intenzioni, si rifersisce alla incapacità dell’essere vivente, una volta condizionato dai guna, di comprendere quale sia l’azione giusta da fare e quale sia quella da evitare, anche se quella persona ha buone intenzioni e vuole in qualche modo contribuire a migliorare la società in cui vive, se non ha sviluppato la consapevolezza divina, se non è pienamente cosciente di Krishna in ogni suo pensiero ed azione che compie, finirà per ritrovarsi sempre più inbrigliato nelle complessità della vita materiale rimanendo vincolato dal karma che egli stesso ha generato di vita in vita in un moto perpetuo di morti e rinascite in nuovi corpi materiali.
Il fuoco dell’esistenza materiale inizia come una piccola fiaccola per poi crescere sempre di più, vita dopo vita, consumando la nostra intelligenza spirituale fino a raggiungere il punto in cui non si ha più né il ricordo né il desiderio di servire Dio, anzi si sviluppa un forte attaccamento al godimento attraverso i sensi materiali, all’ottenimento di titoli onorifici, ricchezza, prestigio, nobiltà. Tutte queste designazioni, che si applicano solo al corpo, sono segni evidenti che siamo caduti nell’illusione, e anche quando saremo costretti a lasciare il corpo, se lo lasceremo avendo ancora dentro di noi forti desideri ed attaccamenti materiali, saremo diretti da madre natura secondo il nostro Karma ad assumere un nuovo corpo materiale, e non è scontato che sia nuovamente un corpo umano, potremmo finire in un corpo animale o vegetale, ciò dipende esclusivamente dal tipo di coscienza che è sviluppata e coltivata durante la vita e che avremo quindi al momento della morte.
Krishna nella Bhagavad-gita enuncia questo principio ad Arjuna:
Bg 8.3 – Dio la persona suprema rispose: Brahman è l’essere vivente, spirituale e indistruttibile, e Adhyatma è la sua natura eterna, il sé. Si chiama Karma, o azione fruttifera, l’insieme degli atti che determinano i corpi di cui l’essere vivente si riveste.
Bg 8.5 – E chi, alla fine della sua vita, abbandona il corpo ricordandosi solo di Me, ottiene subito la mia natura. Su questo non c’è dubbio.
Bg 8.6 – Qualunque sia lo stato dell’essere che uno ricorda quando lascia il suo corpo, o figlio di Kunti, quello stato lo raggiungerà senza dubbio.
Scritto da Marco
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