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L’Iswara – Falso Ego, Libero Arbitrio e di come ottenere la Felicità Trascendentale

Se non ve ne foste già accorti, viviamo in un’epoca che potremmo definire delle distrazioni superficiali e del ritmo accelerato.
Da quando ci svegliamo la mattina fino a quando torniamo a casa, l’imperativo è correre, correre per sbrigare le miriadi di faccende e impegni che la giornata lavorativa e privata ci pone davanti. Per i più fortunati sono concesse alcune pause durante il giorno, giusto il tempo per riprendere le energie, ma poi si ritorna nel flusso caotico della vita quotidiana.

Oggi, mediamente, lavorano due persone per famiglia e, nonostante ciò, la gente fatica ad arrivare a fine mese. Se hanno figli, sono costretti a farseli crescere dai nonni oppure a portarli all’asilo nido perché non hanno il tempo di gestirli.
Molti si stanno rendendo conto che le promesse di libertà e benessere dell’era tecnologica sono solo un miraggio. Eppure ci avevamo tanto sperato: negli anni passati si pensava che, grazie alle nuove tecnologie, avremmo potuto delegare gran parte del lavoro alle macchine per avere più tempo per noi. Invece, ci siamo ritrovati a lavorare cinque, sei giorni a settimana con ritmi spaventosi solo per avere un giorno libero, forse due, se si è tra i privilegiati.
Per fare cosa?
Qui cito le parole del regista Silvano Agosti: “Come si fa a costruire la vita in un misero giorno?”
Dovremmo avere il coraggio di fermarci e riflettere sul nostro rapporto con il tempo e con il lavoro, interrogandoci su cosa significhi veramente vivere una vita piena e soddisfacente e sul perché viviamo in un mondo che ci richiede di essere sempre più veloci e produttivi, sacrificando il nostro tempo (che non ci sarà mai restituito), i nostri affetti e la nostra vita, in cambio di uno stipendio, un mutuo per la casa e l’automobile.
Eppure, il motivo è perfettamente spiegato nei Veda.
Cercherò di riassumere il concetto nel migliore dei modi, consapevole che per comprendere a fondo questo argomento è necessario fare degli approfondimenti seri e iniziare un percorso spirituale che aiuti a raggiungere il livello di consapevolezza necessario per realizzare queste dinamiche della realtà in cui esistiamo. Vi esorto quindi a impegnarvi e non fermarvi semplicemente a leggere questo riduttivo e insufficiente articolo.
Essenzialmente, secondo i Veda, ogni essere vivente che si manifesta nel piano materiale cerca di gratificare i propri sensi materiali e, nel tentativo di fare ciò, è impegnato duramente nelle attività materiali che gli consentono di ottenere questa gratificazione.
Egli, illuso dal falso ego, si sente proprietario del suo corpo e di tutto ciò che ritiene connesso ad esso: la posizione sociale, il denaro, le “proprietà”, ecc. L’obiettivo del falso ego è sempre lo stesso, cercare di ingrandire sempre di più il suo senso di importanza e la sfera di influenza e potere sul mondo materiale.
In buona sostanza sotto l’influsso del falso ego stiamo cercando di godere dei sensi, godere della materia come un ladro che cerca di prendere possesso della casa e degli averi del suo legittimo padrone.
Al momento, su questo pianeta ci sono circa otto miliardi di esseri umani, e la maggior parte di essi sono impegnati in una lotta costante per la sopravvivenza per accaparrarsi un posto al sole, si pensano come proprietari dell’energia materiale che in realtà appartiene a Dio, e congetturano piani su piani per tentare di aumentare la loro ricchezza e il loro potere personale.
Non essendo capaci di agire secondo la coscienza divina, sia perché non sono stati istruiti nel giusto modo sia perché non coltivano il desiderio di conoscere e raggiungere Rishikesh, il vero padrone dei sensi, cioè Dio, essi sono costretti dalla natura materiale a lavorare duramente per gratificare i propri sensi materiali.
Fintanto che si rimane in Maya, avanziamo nell’illusione e rimaniamo intrappolati nelle sue complicate reti karmiche.
Paradossalmente, sviluppando tecnologie materiali con il solo scopo di gratificare i nostri sensi, saremo costretti a lavorare sempre più duramente e a sacrificare il tempo della nostra vita. Questa è la legge naturale del Mahat-tattva. Piu tentiamo di manipolare l’energia materiale per sottometterla al nostro volere e maggiormente veniamo da essa sottomessi.
Faccio un esempio pratico:
Un tempo, i cavalli erano il principale mezzo di trasporto e, a parte qualche escremento di troppo sulle strade, l’inconveniente era tutto sommato minore rispetto alla situazione odierna. Oggi abbiamo veicoli progettati per sfrecciare lungo strade asfaltate, permettendoci di percorrere lunghe distanze in breve tempo, ma a quale prezzo?
L’inquinamento dell’aria causato dai veicoli a motore a scoppio provoca oltre 80 mila morti l’anno solo in Italia. (Per favore, non fatemi aprire un capitolo sui veicoli elettrici, che anche lì si tratta solo di business.)
Il traffico sempre più crescente costringe le persone a sostare per ore ogni giorno per andare e tornare dal lavoro. Vogliamo parlare del costo delle assicurazioni o dello stress di dover guidare nelle grandi città come Milano o Roma? Dove, oltre a prendersi multe a sorpresa, parcheggiare diventa un’impresa non da poco e ha un costo sempre più elevato, anche per i parcheggi.
Questo è il prezzo del cosiddetto progresso tecnologico materiale. Vi ho citato solo un semplice esempio di come progresso materiale significa più complicazioni, ma altri esempi eclatanti sono ormai davanti agli occhi di tutti non fatemi stare ad elencarli tutti altrimenti non la finiamo più.
Il punto è che ci stiamo rendendo sempre più conto che questo cosiddetto progresso tecnologico ci offre solo soddisfazioni superficiali e, al contrario, ci lascia dietro molte complicazioni inaspettate. Queste tecnologie sono orientate a soddisfare l’aspetto superficiale dell’essere vivente (i sensi materiali) e non saranno mai in grado di dare al nostro essere interiore il benessere e il successo che promettono. Questo perché tutto è legato al soddisfacimento dei bisogni del corpo e ai capricci dell’ego, ma allo stesso tempo ci riempiono di complicazioni e situazioni difficili che non avevamo previsto.
Lo sviluppo tecnologico riflette il nostro stato di coscienza. Ci sentiamo dominatori del mondo e sviluppiamo tecnologie che riflettono questo atteggiamento nei confronti della natura. Tali tecnologie, pertanto, diventano sempre più dannose e invasive per il nostro ambiente e la nostra salute, con l’unico scopo di soddisfare intensamente i sensi materiali e trarne profitto, senza considerare seriamente le gravi conseguenze che possono comportare.
Non ci rendiamo conto che, così facendo, danneggiamo noi stessi diventando schiavi di queste stesse tecnologie.
Secondo la cultura vedica, ognuno di noi è parte del divino, possiede una coscienza individuale unica e irripetibile e, in quanto parte del divino, ha sempre una relazione e una condizione di interdipendenza con la Sorgente Creatrice.
Il suo scopo è quello di coltivare questa eterna relazione attraverso innumerevoli passatempi e attività spirituali, il cui obiettivo è aumentare il prema, ovvero l’amore e la gioia trascendentale. A volte, però, accade che l’anima desideri dimenticare questa sua posizione costituzionale con Dio, e quando ciò accade, l’anima viene immediatamente trasferita in una dimensione fenomenica, dove, sotto l’effetto della natura materiale, può iniziare il lila, o gioco cosmico, vivendo nell’illusione (maya) di essere un essere indipendente e separato dal resto della creazione.
Albert Einstein fu tra i primi scienziati moderni a realizzare questa verità, come troviamo in questa sua frase:
“L’essere umano è una parte dell’insieme chiamato da noi universo, una parte limitata nel tempo e nello spazio. Sperimenta se stesso, i suoi pensieri e i suoi sentimenti come qualcosa di separato dal resto, una sorta di illusione ottica della sua coscienza. Questa illusione è una sorta di prigione per noi, che ci limita ai nostri desideri personali e all’affetto per alcune persone più vicine. Il nostro compito deve essere quello di liberarci da questa prigione, allargando il nostro cerchio di compassione fino ad abbracciare tutte le creature viventi e l’intera natura nella sua bellezza”.
Quando, invece di impiegare le nostre energie per elevarci spiritualmente, come dice Einstein, rispettando il compito spirituale o Dharma, le utilizziamo esclusivamente per tentare di gratificare e migliorare i modi di compiacere i sensi limitandoci ai nostri desideri personali, magari sognando di possedere una Lamborghini per poter andare paradossalmente a 30 km orari in mezzo al traffico (perdonate il sarcasmo), stiamo andando di fatto contro i nostri stessi interessi spirituali e contro la nostra vera natura o il nostro Dharma. Come un custode che, invece di badare alla casa del padrone, ne fà ciò che vuole diventando di fatto il ladro, così noi, ignorando la nostra natura spirituale, ci qualifichiamo come tali.
I Veda riconoscono l’autorità indiscussa di Iswara, o controllore supremo, nel seguente śloka del Brahmasaṁhitā 5.1:
īśvaraḥ paramaḥ kṛṣṇaḥ
sac-cid-ānanda-vigrahaḥ
anādir ādir govindaḥ
sarva-kāraṇa-kāraṇam
Kṛṣṇa, conosciuto come Govinda, è la Divinità Suprema. Ha un corpo spirituale eternamente beato. È l’origine di tutto. Non ha altre origini ed è la causa prima di tutte le cause.
Secondo i Veda, tutti noi siamo subordinati a Krishna o Dio ed in quanto tali dovremmo rispettare e seguire la sua volontà; tuttavia, a volte accade che le anime decidano di non volere riconoscere e svolgere il proprio compito, questa è l’essenza del libero arbitrio: scegliere di servire Krishna o servire Maya non abbiamo altre opzioni.
Ogni essere vivente che non coltiva e non agisce nella coscienza di Krishna o di Dio sta coltivando la coscienza di Maya e dei suoi agenti, ovvero dell’illusione.
Quale illusione?
Quella di identificarsi con il corpo materiale e di sentirsi padroni del corpo stesso, nonostante non siamo nemmeno padroni di decidere quando nascere e quando morire.
Fuorviati dal falso ego, ci sentiamo padroni del corpo, delle cose e del mondo. Ma come si può pensare di essere padroni di qualcosa di così transitorio come l’esistenza in corpi materiali, che sono destinati alla distruzione? Se si è fortunati, si vivrà settanta, forse ottant’anni su questo pianeta.
Davvero ci sentiamo così importanti?
Davvero pensiamo che una Lamborghini, una Ferrari, titoli onorifici o prestigiosi riconoscimenti ci renderanno felici e pienamente soddisfatti? E per quanto tempo? Quando il corpo materiale finirà, tutto finirà con esso. I nostri nomi non saranno nemmeno più nella memoria dei nostri discendenti di seconda o terza generazione.
Attraverso la visione spirituale dei Veda, dovremmo comprendere l’importanza dello spirito rispetto alla materia, dove per materia si intende tutto ciò che fa parte del mondo fenomenico e quindi transitorio. È evidente, quindi, che concentrarsi esclusivamente sul soddisfacimento dei bisogni materiali sia considerato superficiale.
Il Mahatatva (clicca QUI il link per approfondimento) è stato progettato da Dio in modo tale da consentire alla coscienza individuale, o anima, di soddisfare anche se temporaneamente il suo desiderio di sentirsi il padrone e controllore indiscusso ma al contempo di raggiungere il pieno appagamento e la felicità solo quando impiegherà il suo tempo, energia e sforzi nella realizzazione della sua relazione intima e personale con “Iswara”o la fonte suprema dell’esistenza, la causa di tutte le cause, l’oceano della beatitudine e felicita.
Secondo la visione vedica, la felicità non potremo mai raggiungerla se non quando ritorneremo sani di mente e di spirito, riconoscendo la nostra reale posizione costituzionale nell’universo che non é quella di essere noi i veri autori e controllori del cosmo.
Krishna dice nella Bhagavad Gita che i sensi materiali sono dei ladri (di tempo e di consapevolezza Spirituale) e che le persone a cui l’intelligenza è stata rubata dai desideri materiali non ricercano la strada per l’unione con il Divino. Questa è la loro più grande sfortuna perché si privano così della fonte della vera felicità. Non potranno mai immergersi nell’oceano della felicita trascendentale.
Questa felicità, che si può raggiungere solo attraverso la purificazione dei sensi materiali, è in realtà la nostra vera natura: Sat-Chit-Ananda (Eternità, Coscienza, Beatitudine).
Tale natura può affiorare solo quando si abbassa la temperatura della febbre del materialismo e dell’attaccamento alla gratificazione dei sensi materiali. Per poter afferrare un lingotto d’oro, dobbiamo prima lasciare andare quello di piombo. Al momento, i nostri sensi sono impegnati con i lingotti di piombo e non hanno idea di avere tra le mani qualcosa di scarso valore.
Krishna ci mette in guardia dal potere dei sensi materiali:
I sensi sono cosi forti ed impetuosi, o Arjuna, da travolgere perfino la mente di una persona giudiziosa che si sforza di controllarli”
Bhagavagita Capitolo 2 verso 60
Per poter avanzare nella realizzazione di ciò che ha un reale valore e ciò che non ne ha, il primo passo sarebbe quello di ritagliarsi uno spazio per ritrovare il dono del silenzio, calmando la febbre indotta dall’attaccamento ai piaceri materiali.
”Nel capitolo 2, versetto 71, troviamo il seguente śloka:
“Soltanto la persona che ha abbandonato ogni desiderio di godimento materiale e ne è ormai libera, che ha rinunciato al senso di possesso e si è spogliata del falso ego può conseguire la vera pace.”
al verso 65 troviamo:
Chi non è collegato al Supremo, non puo’ avere ne un’intelligenza spirituale ne una mente controllata, indispensabili per trovare la pace. E come puo’ esserci felicità senza pace?”
Come rispondereste voi a questa domanda di Krishna?
È sempre Krishna nella Bhagavad Gita a ricordarci la necessita di liberarsi dalle catene delle azioni e reazioni in un mondo materiale fatto di dualità attraverso la pratica dello Yoga:
Lo yoga implica il distacco da ogni attività sensoriale. Per stabilirsi nello Yoga bisogna chiudere tutte le porte dei sensi, concentrare la mente sul cuore e trattenere l’aria vitale alla sommità del capo”
(Bhagavad Gita, capitolo 8, verso 12).
In conclusione. 
Tuttavia, questa sublime tecnica di meditazione (Kriya Yoga), praticata millenni fa, oggi non è il metodo più raccomandato perché viviamo in un’epoca di frenesia, costante turbamento, frastuono e distrazione. Non possediamo più un’atmosfera sociale equilibrata e serena che ci permetta di meditare per intere giornate indisturbati, come facevano gli antichi rishi nelle epoche passate.
Sono rari coloro che possono permettersi di seguire suddette rigorose pratiche dello yoga prescritte da Krishna nell’epoca precedente e, anche se fosse possibile, il corpo umano non possiede più le facoltà mentali e fisiche che consentono di mantenere i livelli di assorbimento nelle tecniche di Yoga del passato.
Viviamo nell’epoca più difficile, quella del Kali Yuga. Le persone hanno perso molte delle qualità virtuose che le caratterizzavano negli yuga precedenti. La nostra coscienza in quest’epoca è paragonabile a quella degli animali, anzi, in alcuni casi anche peggio. Per questo motivo, il Signore Supremo Sri Krishna, mosso dall’amore e compassione spirituale, si manifestò nella nostra epoca come Sri Chaitanya Mahaprabhu (il grande maestro) e insegnò un metodo semplice e pratico la “Bhakti yoga” che consente a chiunque di accedere all’estasi del puro amore per Dio in questa stessa vita.
In india, in un tempo appartenente ad un era spiritualmente piu evoluta di quella di oggi, i grandi saggi si ritiravano nella foresta per meditare sul modo di mettere fine al ciclo di nascita e morti.
Ora però questo genere di attivita spirituale non è piu possibile a causa dell’avanzamento della degradazione causata dell’influenza del Kali Yuga.
Molte persone cercano di comprendere la verità assoluta attraverso la speculazione filosofica oppure dedicandosi alle pratiche yoga prescritte nelle ere precendenti, questo pero è un percorso molto arduo da compiere.
In un’epoca di oscurità spirituale, come potremmo cercare di comprendere Dio con la nostra minuscola coscienza ed attraverso i nostri sensi imperfetti?
I Veda sono chiari nello spiegare che non possiamo liberarci da soli dai condizionamenti della vita materiale incluso il dover soggiornare in corpi materiali che sono causa di sofferenze. E non possiamo muoverci senza l’approvazione dell’autorità suprema, per questo si disce che neppure un filo d’erba si muove senza il controllo di Dio.
Fortunatamente, grazie alla misercordia dell’Assoluto e attraverso l’insegnamento di Sri Chaitanya Mahaprabhu, ognuno di noi può arrivarre alla perfezione della vita attraverso questo semplice metodo devozionale che consiste nell’ascolto del canto del mantra della liberazione o Maha Mantra:
Scritto da Marco
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